giovedì 27 maggio 2010

LECTIO DIVINA, DOMENICA DELLA SS. TRINITA' ANNO C.


Preghiera iniziale
O Dio, tu che nell’invio del tuo Figlio Gesù ci hai rivelato l’intenzione più chiara del tuo amore nel voler salvare l’uomo, passa sempre accanto a noi rivelandoci i tuoi attributi di compassione, misericordia, clemenza e lealtà. Spirito d’Amore, aiutaci a progredire nella conoscenza del Figlio per giungere al possesso della vita. Fa’ che meditando la tua Parola, in questa festa possiamo scoprire con più consapevolezza che il tuo mistero, o Dio, è un canto all’amore condiviso. Tu sei il nostro Dio e non un Dio solitario. Sei Padre, fonte feconda. Sei Figlio, Parola fatta carne, amore vicino e fraterno. Sei Spirito, amore fatto abbraccio. Amen.
 Prima lettura  Prov.  8, 22 - 31
Il capitolo ottavo del libro dei Proverbi  nel suo insieme, forma una composizione unitaria e ben strutturata e presenta un lungo discorso della sapienza. Il brano liturgico odierno, intende anzitutto manifestare la priorità della sapienza rispetto al creato (vv.22-26); illustra inoltre la posizione della sapienza accanto a JHWH durante l’organizzazione del cosmo (vv.27-30a), e conclude alludendo al legame tra essa e gli uomini/mondo, quindi al suo posto nel creato, manifestando la stessa attitudine positiva di Genesi cap.1, nei confronti dell’operare divino (vv.30b – 31).
vv.22-26 dimostrano che  la Sapienza è divina, trascendente e preesistente alla creazione, come dice più volte e con variazioni “prima di..”; “fin dal principio..”  “quando ancora non..”.
vv. 27-30 attestano che la divina Sapienza è anche contemporanea alla creazione, come dicono tutti i “quando” in positivo: “quando egli fissava i cieli…, quando condensava le nubi.., quando stabiliva al mare  i suoi limiti…, quando disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con lui come architetto”: come se la Sapienza fosse appunto l’architetto che esegue a puntino il progetto di Dio creatore.
v. 31 Poi la Sapienza discende al livello del mondo creato per condividere con gli uomini la sua gioia: “mi ricreavo sul globo terreno, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo”.  La Sapienza ha compiuto la sua scelta ed è la stessa scelta di Dio creatore. Fra tutte le opere della creazione, viene particolarmente attratta dalla famiglia umana, perché solo con le creature-persone essa può continuare il dialogo che prima intrecciava con Dio.
Il poeta biblico ha avuto la stupenda umana intuizione che anche Dio, quando fa qualcosa di nuovo e di straordinario, non è solo, ma pensa a qualcuno, è un qualcuno, convoca altri a partecipare alla gioia di una comune creatività. Ma, soprattutto, noi sappiamo che con Dio creatore c’era davvero qualcuno: quel Verbo di Dio, quella Parola di Dio che “all’inizio c’era già”, era presso Dio, era Dio” (Gv 1,1), “mediante la quale tutto è stato creato” (Gv 1,2) e che poi “divenne carne” (Gv 1,14) in Gesù Cristo. È  il Verbo incarnato, è Gesù Cristo, la Sapienza di Dio che parla in Prov c.8.
Seconda lettura. Rom 5,1-5
Il brano fa parte di una sezione lunga che va dal capitolo 5,1 – 8,39 dove Paolo espone in modo particolare il dono della salvezza e i frutti della giustificazione attraverso la fede. Nei vv 1-5, l’apostolo presenta l’esperienza dei giustificati caratterizzata dalla pace con Dio e dalla speranza di salvezza eterna.
v. 1. “siamo in pace con Dio”.  È la situazione attuale dei cristiani che, giustificati, si trovano di fatto in un nuovo rapporto con Dio. È questo il primo frutto che rivela il nuovo stato in cui essi si trovano. Secondo Ef 2,14-17 e Col 1,20 si tratta di quella pace che viene da Cristo, morto sulla croce e che egli stesso annunzia con la sua risurrezione (cfr Ef 2,17; 615).
per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. È una frase che Paolo usa spesso nelle altre lettere e tante volte in questo capitolo e che esprime la mediazione sempre presente e operante di Gesù risorto e glorificato (5,2.9.11.17.21; cfr 1,5; 2,16).
v.2. “di accedere a questa grazia”. Gesù Cristo il risorto, non è solo mediatore di pace, ma lo è anche dell’accesso alla grazia nella quale siamo pervenuti e che abbiamo tuttora.
“Ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio”. È il terzo elemento di un crescendo in Dio: siamo in pace (v.1), abbiamo l’accesso alla “grazia” (v.2a), “ci vantiamo..” (v.2b). La “speranza” costituisce il fondamento, la base su cui poggia il credente per gloriarsi in Dio. È una fiducia profonda che si esterna nella lode. Il vantarsi di Dio, infatti, esprime il senso di riconoscimento e va al di là del poggiare sulle forze umane.
vv. 3-4. Le tribolazioni e le prove della vita non fermano il credente, ma sono addirittura sulla linea del vanto di cui al v.2b il credente applica quella stessa fiducia in Dio anche di fronte alle situazioni apparentemente negative della sua vita, anzi tali situazioni rafforzano la “speranza” e sono motivo di “vanto”. Per Paolo la vita dell’uomo fino alla parusia (l’ultima venuta del Risorto), sarà sempre carica di tribolazioni (cfr 1Cor 7,26.28; 1Ts 3,2ss.; 2Ts 1,3ss.) per partecipare alle sofferenze di Cristo (cfr 2Cor 1,3ss.) e per completarle (cfr Col 1,24). La tribolazione accettata e vissuta nella speranza, produce “pazienza, perseveranza, fermezza, resistenza” e che spesso è unita alla speranza.
v.5. Tale “speranza” provata e rafforzata nelle tribolazioni, non è illusoria perché non è fondata su certezze umane, ma sull’amore di Dio (cfr Sal 22,6 e 25,20). Sarà poi il dono dello “Spirito” che permetterà di fare entrare “l’amore di Dio” nei “nostri cuori”. Possiamo dire che lo “Spirito” è la prova dell’effusione dell’”amore” divino su di noi (8,15-17; cfr Gal 4,6). L’uomo giustificato “per la fede” è afferrato, riempito e rinnovato dall’amore di Dio tramite lo Spirito che si riversa nei nostri cuori.


Il Vangelo Gv 16,12-15
Ancora una volta la liturgia ci offre il brano giovanneo sulla promessa dello Spirito Santo, fatta da Gesù nei  “discorsi di addio”. Nel contesto della riflessione di oggi, poniamo l’accento su due funzioni ministeriali dello Spirito Santo nei confronti dell’opera di Gesù. La prima di esse suona:  lo Spirito Santo “vi guiderà alla verità tutta intera” (v.13a);  mentre la seconda  “vi annunzierà le cose future…” (v.13b-15).
Spiegazione.
v.13a  “Lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera”.  Poiché  “la verità tutta intera” è Gesù Cristo, è l’insegnamento di Gesù e l’insegnamento che è Gesù, la Chiesa e tutti noi – chiesa, siamo impegnati con l’aiuto dello Spirito Santo a capire sempre di più e sempre meglio la persona di Gesù e il significato della storia che egli ha vissuto. A tale proposito, Giovanni usa un’espressione greca particolare che propriamente significa: lo Spirito Santo “vi condurrà verso e dentro la verità tutta intera”. “Dunque, una conoscenza interiore e progressiva. Non un progressivo accumulo di conoscenze, ma un progressivo viaggio verso il centro: dall’esterno all’interno, dalla periferia al centro, da una conoscenza per sentito dire a una conoscenza personale.
vv 13b -15, abbiamo un triplice utilizzo del verbo “annunziare”. Esso non ha semplicemente il senso di “proclamare”, bensì quello di “svelare il significato di una cosa finora segreta e misteriosa” (come in Dn 2,4-27 e 5,12-15). Troviamo, dunque, una conferma del ruolo dello Spirito Santo che non è quello di ripetere l’annuncio già dato e conosciuto, né quello di darci una nuova rivelazione, ma di interpretare nella chiesa la rivelazione anteriore fatta da Gesù (cf. vv. 14-15) e ancora imperfettamente compresa dai discepoli.
Ci possiamo ancora chiedere qual è il senso della frase “vi annunzierà le cose future? (v.13c), sono forse assenti nell’insegnamento di Gesù particolari profezie apocalittiche riservate alla rivelazione dello Spirito? Tutto il contesto lo esclude: la funzione dello Spirito è tutta ordinata alla comprensione della rivelazione di Gesù, completa in se stessa. L’apocalisse di s. Giovanni, che appartiene alla medesima tradizione teologica del quarto Vangelo, ci aiuta a capire il senso di queste parole. Lo Spirito “annunzierà le cose future, perché aiuterà la chiesa a cogliere il senso cristiano della storia, nel suo dilatarsi misterioso lungo l’intero arco della “storia della salvezza”.
Tenendo in mano la Bibbia e nell’altra il libro della vita e della storia, la chiesa, con l’aiuto interiore dello Spirito Santo, sarà in grado di scoprire nei vari eventi le tracce dell’unico disegno di salvezza, saprà comprendere il suo ruolo nella storia contemporanea, tradurrà in risposte “esplicite” l’ “implicito” della perenne parola di Dio, in riferimento alle necessità nuove e ai nuovi problemi di una storia umana in cammino.
La funzione ministeriale dello Spirito nei confronti di Cristo e della sua parola, definisce il nesso profondo tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: la rivelazione è perfettamente una perché riconosce la sua origine nel Padre, viene compiuta dal Figlio e si perfeziona nell’interpretazione dello Spirito. Per questo Gesù nel brano di oggi afferma: “Non parlerà da sé, ma dirà tutto quello che avrà udito… prenderà del mio e ve l’annuncerà” (vv. 13-14).

Una breve riflessione:
I brani della liturgia odierna ci riconsegnano il mistero della Trinità nei suoi aspetti fondamentali. Agli occhi della maggior parte dei cristiani, la Trinità si presenta come una realtà oscura, un mistero di fronte a cui sospendere ogni ragionamento e non, invece, da penetrare e approfondire. Questo va contro il significato biblico di “mistero”, che indica non una realtà oscura e incomprensibile, ma qualcosa che non può essere posseduto o compreso in modo immediato e definitivo, e che chiede alla ragione umana di rimanere aperta ad una sempre maggiore penetrazione.
La Trinità non si presenta come una realtà chiusa in se stessa, irraggiungibile, ma come comunione di vita che tende ad espandersi e raggiungere ogni realtà, attraendola con il suo amore: Dio ha voluto essere più persone che si amano in una comunione di essere, di vita e di donazione assoluti. Il mistero di Dio è legato all’amore che si comunica nell’evento storico della morte e risurrezione del Figlio. Nella Pasqua “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato” (2a lettura v.5)
La scrittura, rivelando la realtà di Dio, non ci offre una serie di concetti, ma una storia del suo agire tra noi e per noi. Si tratta della storia della salvezza nella quale il Dio della creazione e dell’alleanza ha inviato, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio e poi lo Spirito Santo perché fosse proseguita l’opera di Cristo stesso. Tutta la nostra esistenza è iniziata, prosegue e si concluderà “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Non si prega semplicemente Dio, quasi un “tu celeste”, ma si prega il Padre “per mezzo” del Figlio “nello” Spirito .
 Dall’esperienza carmelitana: Beata madre Crocifissa Curcio
Mi preparai alla Comunione, con vivi sentimenti di contrizione per miei peccati e per tutti quelli che profanano il giorno Santo. Mentre ero inginocchiata nella Mensa, la lunga schiera degli Angeli e dei Santi che veniva ad incontrarmi assieme allo Sposo Celeste, questa volta si divise in due la lunga schiera e mi invitarono a seguirli, mi presentarono al Trono della S.S. Trinità, compresi da una luce comunicatomi lo Spirito Santo, l'unione d'amore che lo Spirito Santo comunica all'Eterno Padre e al Figlio, gustai una nuova dolcezza trasformata da un fascio di luce che sembrò posarsi sulla mia fronte, (la povera creatura)  al bacio dello Spirito Santo, si deifica con Dio!... chi può descrivere, o mio buon Padre, la bellezza di quest'anima? oh bontà Infinita, quanto sei ammirabile verso Colei che merita il tuo abbandono per le innumerevoli miserie che ancora la ricoprono malgrado i tuoi immensi carismi! Come mi arrossisco, o Padre, come vorrei nascondermi nelle viscere della terra e non confidare a nessuno i favori senza numero che mi regala la Bontà Infinita! (MC Diario, Domenica 21 agosto 19129)
Preghiera finale
Nella Trinità noi viviamo, ci muoviamo e rimaniamo. Nella Trinità siamo resi figli, fratelli santificati nell’amore. Solo in Dio si appagano i desideri dell’uomo: “Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è senza pace fino a quando non riposa in te”(S. Agostino). Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

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