venerdì 5 febbraio 2010

LECTIO DIVINA: 5ª Dom. Tempo Ordinario C




Orazione iniziale
Con i primi discepoli del Signore, scelti tra gli umili e i poveri, è iniziata la corsa della Parola di salvezza in tutto il mondo. Perché questa corsa mai si arresti, deve compiersi anzitutto nel cuore di ogni credente, dando i frutti di una vita santa e tutta dedita al servizio del Vangelo.
Padre mio, ora la tua Parola è qui! Si è levata come sole dopo una notte buia, vuota e solitaria: quando manca lei, è sempre così, lo so. Dal mare, ti prego, soffi il dolce vento dello Spirito Santo e mi raccolga, mi accompagni a Cristo, tua Parola vivente: Lui voglio ascoltare e seguire. Amen.

Prima lettura: Is 6,1-2.3-8
Comunemente questa pagina di Isaia è compresa come racconto vocazionale del profeta. Isaia si trova nel tempio. Durante una celebrazione cultuale, si verifica una esperienza decisiva per la sua vita e per la stessa tradizione biblica. Possiamo dire che, questo brano illustra bene il testo evangelico. In ambedue le pagine bibliche, infatti, troviamo elementi simili che caratterizzano una vocazione divina: una manifestazione del Dio santo a una persona privilegiata (Is 6,1ss = Lc 5,6ss); la reazione di timore religioso da parte dei testimoni di tale teofania, perché si riconoscono peccatori (Is 6,5=Lc 5,8s); la purificazione del profeta perché cessi di aver paura (Is 6,6-7); l’invito del Signore a Simone di non temere (Lc 5,10) e l’abilitazione alla missione (Is 6,8-9 = 5,10).

Seconda lettura: 1Cor 15, 1-11
Questo brano contiene il kerygma primitivo e il documento letterario più arcaico del NT, perché ci porta all’anno della conversione di Saulo, allorché questi ricevette dalla chiesa gli elementi essenziali del credo cristiano (v. 3).Tale kerygma presenta il mistero pasquale: morte, sepoltura e risurrezione di Cristo. Al v. 8 Paolo classifica l’apparizione del Risorto a lui sulla via di Damasco, all’ultimo posto, sebbene abbia la stessa importanza storico-teologica che per gli altri apostoli, con un espressione di disprezzo: “…come a un aborto” che probabilmente veniva da parte dei suoi nemici, e indicherebbe il modo in cui egli è diventato credente. La sua vocazione avvenuta in un modo forzato e violento, come la nascita di un feto abortivo, si differenzia da quella degli altri apostoli che sono stati alla scuola di Gesù per circa tre anni, maturando lentamente la loro fede in lui. Inoltre ai vv 9-11, Paolo coglie l’occasione per professare la sua indegnità perché prima ha perseguitato la Chiesa, e per attribuire tutto alla grazia di Dio. Infatti, nel v. 9 si esprime ciò che Paolo era per natura (negatività): “infimo…non degno…persecutore della Chiesa; e nel v. 10 ciò che è diventato per grazia di Dio (positività). Riconoscente per questo, Paolo lo ribadisce spesso nelle sue lettere cfr Gal 1,13-24; 1Tim 1,15-16.

Vangelo: Lc 5,1-15
a. Presentazione del testo
Gesù si trova ancora in Galilea, precisamente presso il lago di Genezaret e davanti a lui sta una grande folla, desiderosa di ascoltare la Parola di Dio. La folla è molto colpita da questo rabbi somigliante a un profeta, perché dotato di un autorevolezza straordinaria, ben diversa da quella degli scribi (cf. Mc 1,22; Lc 4,32). Gesù, per poter meglio essere udito, ricorre a un piccolo accorgimento pratico: vedendo due barche ormeggiate sulla riva del lago, chiede al proprietario di una di esse, Simone, di scostare leggermente la sua da terra; poi, sedutosi su di essa, riprende a insegnare a quelli che si trovano sulla riva. Terminata quella predicazione, Gesù si rivolge a Simone, iniziando con lui un dialogo che segnerà per sempre la vita di quest’uomo e quella dei suoi compagni.
b. Spiegazione del testo:
vv. 1-3: “salì su una barca che era di Pietro..e gli disse scostati un po’ da terra..”: Gesù scegliendo la barca di Pietro rivela l’unicità e irripetibilità di Pietro chiedendogli di uscire dall’anonimato, dalla folla. Questa barca è anche figura della chiesa, piccola comunità che galleggia sull’abisso e compie l’esodo. Essa è già il punto di arrivo della missione di Gesù; per questo si siede e da lì si rivolge agli altri che ancora stanno sulla riva, “sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle”: Mentre sulla riva era in piedi per andare altrove, qui è solennemente seduto e insegna. Come un Maestro e come un prode, lui siede sulle acque e le domina e di lì offre la sua salvezza, che nasce dalla Parola, ascoltata e accolta.
vv. 4-6: “prendi il largo e calate le reti per la pesca”: È una richiesta che appare insensata, perché Simone e i suoi compagni hanno faticato tutta la notte precedente senza pescare nulla e per di più sanno bene che si pesca poco in pieno giorno… Eppure Simone mette da parte le sue certezze e risponde senza indugio: «Sulla tua parola getterò le reti!». È un’affermazione straordinaria, che esprime l’essenziale della fede cristiana: un’adesione fiduciosa e profonda a Gesù, un’obbedienza alla sua parola, fondamento ben più saldo di ogni nostro pensiero o sentimento. «Avendo fatto questo, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano». Insomma, Gesù invita alla pesca e Pietro si fida, crede alla Parola del Maestro. Per fede prende il largo e getta le sue reti; per questa stesa fede la pesca è sovrabbondante, è miracolosa.
v.7: “fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli”L’incontro con Gesù non è mai chiuso, ma spinge sempre alla comunicazione, alla condivisione: il dono, infatti, è troppo grande e incontenibile per uno solo. Pietro chiama i compagni dell’altra barca e il dono raddoppia, continuamente cresce.
vv. 8-11: Al vedere questo, Pietro si inginocchia davanti a Gesù, lo adora e riconosce il suo peccato, la sua incapacità, ma Lui lo chiama, con quello stesso tuono che ha sconvolto le acque di tanti mari, lungo tutta la Scrittura: “Non temere!”. Dio si rivela e si fa compagno dell’uomo. Pietro accetta la missione di trarre fuori gli uomini, suoi fratelli, dal mare del mondo e del peccato, così come è stato tratto fuori lui; lascia la barca, le reti, i pesci e segue Gesù, insieme ai suoi compagni.
“Signore, allontanati da me che sono un peccatore”: È la stessa esperienza di Isaia che, di fronte alla santità di Dio, non può fare a meno di esclamare: «Povero me, uomo impuro che ha visto il Signore!» (cf. Is 6,5). Sì, l’autentico incontro con Dio e con Gesù Cristo – colui che ci ha narrato definitivamente Dio (cf. Gv 1,18), coincide con lo svelamento all’uomo della propria condizione di peccatore, ossia con la scoperta dell’abissale distanza che lo separa dal Signore, con la consapevolezza di non essere santo… È a partire dalla presa di coscienza di tale distanza, colmata dall’amore preveniente del Signore, che si apre la possibilità di un vero cammino di conversione e di vita nuova; non è un caso che solo ora Simone sia chiamato anche Pietro, nome assegnatogli da Gesù per indicare il suo compito di essere la roccia su cui fondare la comunità (cf. Lc 6,14).
«Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Alla vocazione segue immediatamente una precisa missione. Infatti, Pietro vede trasfigurata la propria esistenza e Gesù gli affida una nuova missione: da pescatore di pesci deve diventare pescatore di persone, capace cioè di condurre uomini e donne al Signore. E questa promessa gli viene rivolta proprio mentre egli confessa la propria inadeguatezza, a riprova di come solo grazie all’adesione al Signore egli potrà scacciare ogni paura e compiere ciò che alle sue forze sarebbe impossibile. Certo, Pietro smentirà a più riprese la fedeltà al Signore Gesù e giungerà fino a misconoscerlo per tre volte; ma anche allora, nel pianto, sarà capace di pentirsi (cf. Lc 22,54-62) e ravvedutosi sempre per volontà del Signore (cf. Lc 22,32) tornerà a confermare i suoi fratelli.
“Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguivano”. Il racconto si conclude con un’annotazione che, nella sua brevità, può riassumere il senso di un’intera vita: Quegli uomini che dicono «sì» a Gesù e lo seguono, fanno questo al prezzo di una scelta che comporta dei «no» chiari e netti: essi devono rinunciare al loro lavoro professionale, le loro barche, le reti, i pesci e in più devono abbandonare la famiglia e la casa (cf. Lc 18,29). Queste rinunce però hanno un senso a patto che non vengano vissute con l’atteggiamento di schiavi costretti a portare un peso schiacciante; no, esse possono essere assunte in profondità solo da chi accetta liberamente di non anteporre nulla all’amore di Cristo, di «stare con lui» (cf. Mc 3,14) nella certezza che «il suo amore vale più della vita» (cf. Sal 63,4). È stato così per Pietro, Giacomo, Giovanni e tanti altri nel corso della storia; può essere così anche per noi, oggi.
Infine, è importante notare che la chiamata di Dio non è esclusiva di alcuni (preti, religiosi, religiose) ma, è rivolta a tutti i battezzati. Ciascuno di noi è invitato a “faticare” per la salvezza dei fratelli, secondo la bella espressione di Paolo “…sorretti dalla grazia di Dio che è con noi” (1Cor 15,10). Dovremmo chiederci perciò se il nostro “faticare” è conseguenza di un nostro lasciarci affascinare, come i discepoli e Pietro, da Gesù Cristo e dalla su preoccupazione centrale. Il resto può essere attivismo o mera ricerca della propria soddisfazione, e non può essere fecondo. Solo tornando spesso a riattivare il fuoco nel nostro contatto con lui, potremmo anche noi andare verso gli altri, come Paolo, portando loro il grande annuncio della resurrezione, che è vittoria della vita sulla morte.

Dall’esperienza Carmelitana: Santa Teresa di Lisieux
«Questo, proprio questo il mistero della mia vocazione, della mia vita tutta, e in particolare il mistero dei privilegi di Gesù sull'anima mia. Gesù non chiama quelli che sono degni, bensì chi vuole lui, o, come dice san Paolo: "Dio ha pietà di chi vuole lui, ed usa misericordia a chi vuole lui. Non è dunque opera di chi voglia né di chi corra, bensì di Dio che usa misericordia" ( Rom.9, 15-16). Per tanto tempo mi sono chiesta perché Dio abbia delle preferenze, perché tutte le anime non ricevano grazie in grado uguale, mi meravigliavo perché prodiga favori straordinari a Santi che l'hanno offeso, come san Paolo, sant'Agostino, e perché, direi quasi, li costringe a ricevere il suo dono. Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo dinanzi agli occhi il libro della natura, ed ho capito che tutti i fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli bianchissimi non rubano il profumo alla viola, o la semplicità incantevole alla pratolina... Se tutti i fiori piccini volessero essere rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non sarebbero più smaltati di infiorescenze. Così è nel mondo delle anime, che è il giardino di Gesù. Dio ha voluto creare i grandi Santi, che possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati anche di più piccoli, e questi si debbono contentare d'essere margherite o violette, destinate a rallegrare lo sguardo del Signore quand'egli si degna d'abbassarlo. La perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell'essere come vuole lui.» (MA, 3-5)

Orazione finale
Signore, tu hai aperto il mare e sei venuto fino a me; tu hai spezzato la notte e hai inaugurato per la mia vita un giorno nuovo! Tu mi hai rivolto la tua Parola e mi hai toccato il cuore; mi hai fatto salire con te sulla barca e mi hai portato al largo. Signore, Tu hai fatto cose grandi! Ti lodo, ti benedico e ti ringrazio, nella tua Parola, nel tuo Figlio Gesù e nello Spirito Santo. Portami sempre al largo, con te, dentro di te e tu in me, per gettare reti e reti di amore, di amicizia, di condivisione, di ricerca insieme del tuo volto e del tuo regno già su questa terra. Signore, sono peccatore, lo so!, ma anche per questo ti ringrazio, perché tu non sei venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori e io ascolto la tua voce e ti seguo. Ecco, Padre, lascio tutto e vengo con te…

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